Agricoltura 4.0: a che punto siamo in Italia?

droni in agricoltura

C’è un mercato di 100 milioni di euro, ma solo l’1% della superficie agricola è coltivata con soluzioni smart.

L’utilizzo di tecnologie nel settore agrifood è quanto mai promettente nel nostro paese. Ci sono potenzialità elevatissime, c’è un mercato di 100 milioni di euro, che rappresenta il 2,5% di quello globale. Eppure, nonostante questi dati economici incoraggianti, i supporti innovativi al servizio dell’agricoltura stentano a decollare.
C’è un’iniziale mancanza di fiducia verso le nuove tecnologie, per una carenza di formazione a tutti i livelli (agronomi, agricoltori, contoterzisti, ecc.), ma anche per una percezione distorta dei costi da affrontare e dei risultati apparentamene incerti.

Questi sono alcuni dei dati presentati dall’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia durante il convegno “Coltiva dati. Raccogli valore. La trasformazione digitale dell’agroalimentare”.

L’evento, tenutosi martedì 23 gennaio 2018 al Campus Bovisa del Politecnico di Milano, ha descritto le principali evidenze sul tema dell’agricoltura 4.0, qualità e tracciabilità alimentare e start up del settore.

La ricerca – attraverso analisi approfondite, studi di caso e interazioni con gli attori della filiera – ha indagato come le tecnologie possono contribuire ad aumentare la competitività del settore agroalimentare italiano, garantendo qualità crescente del prodotto e rendendo più efficienti i processi.

Sono stati  presentati casi di innovazione in diversi ambiti, tra cui il settore vitivinicolo, olivicolo e lattiero-caseario.
Le PMI italiane si stanno attivando nella trasformazione digitale dell’agroalimentare, ma una forte spinta innovativa proviene dalle nuove imprese, con 481 start up internazionali agrifood nate dal 2011 ad oggi, di cui 60 italiane, che rappresentano il 12% del totale.

Le innovazioni tecnologiche al servizio di questo settore sono svariate: dai sensori nei campi a quelli sulle macchine agricole, dai droni in campo all’uso dei big data, dallo smart packaging alla GDO: sono oltre 300 le applicazioni di ‘Smart AgriFood’ già diffuse in Italia tra produzione, trasformazione, distribuzione e consumo.
Soluzioni che migliorano la competitività del settore agroalimentare italiano, garantendo più qualità ai prodotti e ottimizzazione delle filiere.

Quali innovazioni? Una sintesi dell’analisi dell’Osservatorio
Le tecnologie dell’agricoltura di precisione (che sfrutta Internet of Things e Big Data Analytics) e quelle dell’agricoltura interconnessa (il cosiddetto Internet of Farming) costituiscono l’Agricoltura 4.0 che, attraverso l’analisi incrociata di fattori ambientali, climatici e colturali, consente di stabilire il fabbisogno irriguo e nutritivo delle coltivazioni, prevenire patologie, identificare infestanti prima che proliferino, compiere interventi mirati, risparmiare di tempo e risorse, incidere sulla qualità dei prodotti, oltre a migliorare la resa delle coltivazioni e le condizioni di lavoro. L’Osservatorio Smart AgriFood ha censito 220 soluzioni offerte in Italia da più di 70 aziende, di cui soltanto l’11% abilita l’Internet of Farming, mentre l’89% supporta verticalmente l’agricoltura di precisione. Circa l’80% delle soluzioni offerte è applicabile in fase di coltivazione e solo il 12% in quella di pianificazione. La grande maggioranza delle soluzioni, il 73%, sfrutta dati e analytics, il 41% l’Internet of Things e il 57% sistemi software di elaborazione e interfaccia utente.

La maggior parte delle soluzioni (50%) è utilizzabile a prescindere dal settore agricolo, mentre il 27% è specificamente rivolto all’ortofrutticolo, il 25% al cerealicolo, il 16% al vitivinicolo.  In termini di attività, il 48% delle soluzioni abilita mappatura e monitoraggio di terreni e coltivazioni, il 42% monitoraggio e controllo del movimento e delle attività di macchine e attrezzature in campo e il 35% irrigazione e fertilizzazione mirata.

Il 51% delle aziende ha utilizzato le tecnologie digitali per valorizzare la qualità di origine, in particolare nel caso dei prodotti ad alto valore aggiunto (ad es. vino, cacao, caffè); il 46% si è servito del digitale per migliorare la sicurezza alimentare; il 25% si è concentrata sui metodi di produzione, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all’impatto ambientale, al benessere degli animali e alle tradizioni agroalimentari dei diversi territori; nel 12% dei casi, infine, le aziende hanno impiegato la tecnologia per migliorare la qualità del servizio, adottando soluzioni innovative per comunicare ai consumatori informazioni di prodotto (consigli nutrizionali) e di processo (origine, tracciabilità e impatto ambientale).

Migliore tracciabilità – Il digitale interviene in maniera sostanziale nella tracciabilità alimentare, riducendo i costi, aumentando i ricavi e rendendo più efficienti i processi: il 36% delle aziende agroalimentari analizzate dall’Osservatorio grazie a soluzioni digitali ha riscontrato una riduzione dei tempi e dei costi legati ai processi di raccolta, gestione e trasmissione dei dati. Benefici a cui si aggiungono i vantaggi della disponibilità di dati e informazioni e la possibilità di trasferire valore lungo la filiera.

Gli strumenti più utilizzati per migliorare la tracciabilità sono i barcode (39%), gli RFId (Radio-Frequency Identification, 32%) sistemi gestionali (32%), i Big Data (30%), la tecnologie mobile (21%), mentre tecnologie innovative come l’IoT e la blockchain sono ancora poco esplorate. I settori più interessati dall’innovazione tecnologica per la tracciabilità sono quello ortofrutticolo (30%), la filiera delle carni (23%), i prodotti lattiero-caseari (14%) e caffè – cacao (12%), ma sta interessando in maniera trasversale tutte le filiere.

Le start up – Sono 481 le start up internazionali Smart AgriFood individuate dall’Osservatorio nate dal 2011 ad oggi, di cui il 12% italiane. Escludendo quelle che si occupano di eCommerce, sono 182 le start up internazionali che operano nella filiera e hanno raccolto finanziamenti per 637 milioni di dollari. Fra queste, ben l’11% è italiano, a dimostrazione che il nostro Paese – a differenza di altri settori – non ha affatto un ruolo marginale, anche se il finanziamento medio ricevuto (0,7 milioni di dollari, 14 milioni complessivi) è circa sei volte inferiore alla media mondiale.Invece, sono 218 le start up internazionali dedicate all’eCommerce, finanziate con 2,7 miliardi di dollari complessivi.

L’area con la maggior presenza di start up è costituita dagli Stati Uniti (52% delle 182 start up internazionali), che dimostrano di essere anche quella con la maggior propensione all’investimento nelle nuove imprese (82% dei finanziamenti totali). Una buona parte delle start up offre soluzioni tecnologiche trasversali a più settori sia nella produzione in campo (42%) sia nella trasformazione dei prodotti alimentari (16%). Tra i settori verticali, il più rilevante è l’ortofrutticolo, con il 17% delle start up internazionali e il 28% dei finanziamenti complessivi. La stessa tendenza di riscontra nel panorama italiano, dove i settori specifici riscuotono minore interesse nonostante la loro importanza per l’economia del Paese: anche in Italia il settore più importante è l’ortofrutticolo (14% delle start up italiane), seguito dal vitivinicolo (9%) e dal cerealicolo (7%).

L’agricoltura di precisione e la qualità alimentare sono gli ambiti applicativi più esplorati dalle start up AgriFood (rispettivamente dal 45% e dal 25% delle nuove imprese internazionali) e più interessanti per gli investitori (37% e 34% dei finanziamenti complessivi). In Italia, invece, la qualità e sostenibilità ambientale è l’ambito in cui le start up sono più attive, con il 50% dei finanziamenti raccolti, seguito da agricoltura di precisione (35%) e qualità alimentare (29%).


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Osservatorio Smart Agrifood Politecnico di Milano 

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