Riflessioni su alcune parole chiave del Boat Camp: impresa sociale, innovazione, ricerca e tecnologia per lo sviluppo, rapporto tra pubblico e privato
Degli obiettivi dell’iniziativa già si è detto: quattro giorni di incontri per creare una grande opportunità di apprendimento collettivo e di networking, tra giovani, creativi, imprenditori del sociale, gestori di fondi, organizzazioni del non profit, reti di associazioni e cooperative.
Trascorsi due mesi dal Boat Camp, di cui Triwù è stato media partner, sulla scorta dell’ampia documentazione ormai disponibile sia sul sito del Boat Camp, sia sul nostro sito, è giunto il momento di fare qualche riflessione.
Il punto di partenza è costituito da alcuni dati, che ci arrivano dal lancio de Le Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile, che si svolgeranno il 14 e 15 ottobre 2016: in Italia ci sono oltre 301 mila organizzazioni non profit, che coinvolgono 681 mila dipendenti e più 6 milioni di volontari (circa 1 italiano su 8). Di queste, oltre 50 mila erogano servizi a persone in situazioni di fragilità, rivolgendosi a circa 21 milioni di “beneficiari”.
Secondo gli organizzatori, questi dati presentati dall’Istat testimoniano come il non profit rappresenti sempre più un asset pubblico per il nostro Paese. Inoltre, si assiste a uno spostamento crescente verso nuove forme di socialità che ricombinano la dimensione associativa e donativa con quella produttiva, come dimostrano le oltre 82 mila organizzazioni non profit market oriented che si aggiungono alle oltre 12 mila cooperative sociali italiane.
Se questi sono i numeri – degli attori e del mercato- , ci troviamo davanti a una grande sfida di innovazione per le imprese sociali: il Boat Camp ha affrontato alcune questioni.
Un tema è il rapporto tra pubblico e privato: è necessario che le imprese escano da una logica di “dipendenza” dal settore pubblico, che esternalizza i propri servizi e ne chiede una “rendicontazione”, per diventare proattive, rispondere a nuove esigenze e accettare nuove sfide (vedi l’intervista a Stefano Granata di CGM). In questa direzione, sono necessarie nuove idee e nuovi approcci, come racconta Fabio Valente, che ha portato al Boat Camp il progetto Familydea, protagonista di uno degli otto casi di studio. E come racconta Fiamma Degl’Innocenti, che ha coordinato il workshop dedicato a “La Polveriera” di Reggio Emilia, un progetto “privato” di riqualificazione di uno spazio urbano di proprietà pubblica, a favore della comunità.
Un altro tema è il contributo che ricerca e tecnologia possono dare allo sviluppo sociale: se ne è parlato durante l’incontro al Caixa Forum di Barcellona, e il tema è stato ripreso da Fabio Terragni, coordinatore dell’incontro, ma anche da Illac Diaz, sostenitore dell’uso di tecnologie “leggere” disponibili localmente e promotore di una rete di imprese sociali, ormai in tutto il mondo. E da Timi Gaspari, imprenditrice sociale in Mozambico: qui la sfida è favorire l’accessibilità di tutta la popolazione ai servizi igienici, per migliorare le condizioni di vita e combattere le malattie.
L’impresa sociale deve essere robusta e sostenibile, per affrontare un mercato difficile e incerto, ma anche molto competitivo. Il tema è stato affrontato da Stefano Magnoni, imprenditore sociale di “lungo corso” ma anche membro di OPES Impact Fund, il Fondo di investimento per l’impresa sociale, promotore del Boat Camp.
Altro tema, il capitale umano: le persone sono la prima risorsa di una organizzazione, e fanno “la differenza”. Mauro Berruto, filosofo, antropologo, allenatore di pallavolo, ha portato la riflessione sulla necessità e sui modi per fare squadra, nelle imprese e nelle imprese sociali. In questa direzione, due testimonianze ritornano su questo tema: lo sguardo da dietro le quinte del Boat Camp, di Martina Dionisi e Nicola Barbaglia di Fondazione ACRA.
La creatività e l’energia, ingredienti delle imprese, innovative e no, profit e non profit, sono state sfruttate durante i workshop, e si sono ritrovate anche nel racconto di Giorgio Beccali, il più giovane sviluppatore italiano, che nonostante i suoi 14 anni ha calcato il palco del Caixa Forum con una presenza “scenica” degna di un imprenditore consumato. L’arte, la creatività si ritrovano anche nelle fotografie di Marcello Carrozzo, “storyteller” per immagini, viaggiatore, sognatore, che lancia un messaggio forte “Coniugare estetica ed etica, questa la missione del fotoreporter del nuovo millennio”. Le sue immagini, presentate all’inizio del Boat Camp, hanno riproposto con forza la mission dell’impresa sociale e del settore non profit: dare risposte ai bisogni di quella parte della società, in Italia e nel mondo, che meno ha le parole per esprimerli.
>>> Per guardare, invece, tutti i video realizzati da Triwù al Boat Camp 2017, cliccare qui! <<<

Il servizio che Triwù ha realizzato nell’ambito del Social Enterprise Boat Camp, organizzato da Fondazione Acra, Gruppo Cooperativo CGM, OPES Impact fund, con il supporto di Enel, è curato da Attilia Cozzaglio e Carlo Maria Vella.