Nuove reti nascono: da Brooklyn all’Enel, la nuova Utopia dell’energia

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Anche il mondo dell’energia sta approcciando le tecnologie in ambito blockchain puntando a declinarle sui suoi specifici interessi. Per ora si parla tanto, si muove qualcosa, ma si realizza ancora poco 

 

Il terribile passaggio dell’uragano Sandy di qualche anno fa ha spinto la municipalità di NY a incentivare lo sviluppo di comunità strutturate in grado di rendersi più o meno indipendenti in caso di emergenza. In pratica l’idea è che gruppi di cittadini riescano ad essere in qualche modo autonomi, almeno per qualche giorno. Da questo stimolo è nato a Brooklyn il progetto di LO3 Energy una start up che sta cercando di sviluppare un sistema di microgrid in cui piccoli produttori e consumatori locali costruiscano una borsa locale dell’energia dove ridistribuire le eccedenze produttive a seconda delle necessità. Una sorta di scambio peer to peer dell’energia progettato e garantito sulla base della blockchain che costituirebbe l’infrastruttura di sistema pronta a certificare gli scambi.

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(Lawrence Orsini, cofondatore di LO3Energy, sui tetti di Brooklyn)

«Ci stiamo muovendo verso un futuro di migliaia, se non milioni, di dispositivi di stoccaggio/generazione/consumo che vivono sul confine della rete. Non c’è nessun’altra tecnologia che può permettere a questi dispositivi di interagire reciprocamente e con la rete in maniera sicura ed efficiente. Inoltre la blockchain abilita cluster di device autorganizzati favorendo la costruzione di una rete più flessibile e resiliente». 

Introduce così il tema Emily Petry di LO3 Energy che abbiamo contattato via mail. 

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(Le riunioni per la costituzione della rete e una visita agli impianti)  

 «Abbiamo sviluppato una nostra blockchain privata dal 2014 e nell’aprile del 2016 abbiamo realizzato la prima transazione di energia al mondo» – continua Emily – «i partecipanti alla nostra rete Brooklyn Microgrid stanno aumentando, oggi abbiamo 50 contatori agganciati a moduli solari in giro per Brooklyn. Stiamo testando diversi modelli di business, ma non possiamo ancora rilasciare i risultati».

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(Dai pannelli solari che riescono ad abbellire anche i tetti newyorkesi, ai contatori; sono 50 quelli attivati fin’ora)

«Possiamo dire che utilizziamo l’infrastruttura di rete già presente, che nello stato di New York permette ai consumatori di scegliere il proprio fornitore di energia, senza alcuna tassa di distribuzione o trasmissione aggiuntiva. Il nostro modello sta attraendo l’interesse di molte utilities e proprio per questo stiamo lavorando con diversi partners per determinare potenziali canali di revenue incluso il modello che prevede una tassa per l’utilizzo dell’infrastruttura. Certamente, non intendiamo installare o mantenere una nostra rete ma ci appoggeremo sempre a imprese di distribuzione.» 

 Sono tutte le informazioni che siamo riusciti a raccogliere, non siamo riusciti a capire come sia effettivamente utilizzata la blockchain e se abbia davvero senso utilizzarla in questo modo, cioè costruendosene una privata, però è sicuramente un piccolo esempio di quanto si stia muovendo nel settore. E il caso di LO3 è solamente uno dei tanti. In Australia, Power Ledger sta proponendo un progetto simile con base a Perth, in Bangladesh, ME Solshare sta sviluppando un network di trading peer-to-peer tra case di campagne con e senza pannelli solari. 

 In generale l’impressione è che il caso di Brooklyn sia stato pensato per aumentare la resilienza delle città rendendole almeno parzialmente indipendenti dalle utility anche in caso di emergenza.  Non si pensa di redistribuire solamente energia, ma di contribuire alla costruzione di una comunità, ponendo la tecnologia alla base anche di un progetto culturale.

 Idealmente il progetto può richiamare quello percorso da Daniele Trinchero del Politecnico di Torino a Verrua Savoia, un piccolo paesino piemontese, dove il professore è riuscito a creare una comunità in grado di andare in rete (questa volta parliamo di connessione internet) senza passare per le grandi compagnie telefoniche e connettendosi direttamente al satellite. Anche in questo caso la comunità, secondo Trinchero, deve essere in grado di auto gestirsi confrontandosi anche con le emergenze tecniche, facendo formazione, quindi, e acquisendo collettivamente dei servizi e imparando a utilizzarli autonomamente. 

 Nel caso dell’energia forse la scelta potrebbe essere ancora più radicale dal momento che la filiera dell’emancipazione più che della disintermediazione (parziale) potrebbe essere allargata non solo alla produzione/distribuzione di energia, ma anche all’acquisto dei “mezzi di produzione”. È quanto è accaduto con i gruppi di acquisto di Altroconsumo dedicati ai pannelli solari, che tra il 2015 – 2016 hanno raggiunto risultati davvero notevoli contribuendo all’acquisto del 10% dei pannelli installati in Italia.

 Così il panorama è quello di una filiera in piena mutazione dove conoscenze, competenze e tecnologie sono estremamente volatili e a tratti portano a una qualche corrispondenza tra produttori e consumatori. I problemi da risolvere però sono ancora molti, perché a fronte di un’incertezza tecnologica c’è anche un contesto regolatorio in attesa dei prossimi sviluppi.

A fronte di uno scenario così mutevole e variegato, dopo aver intervistato Paolo Cazzaniga di Altroconsumo il quale ci ha raccontato la loro esperienza con il gruppo di acquistoabbiamo sentito Diego Dal Canto, Innovation Project Manager a ENEL (Blockchain Community e Startup Initiatives and Business Incubator) per capire come si stia muovendo un grande player internazionale in questo contesto e soprattutto come stia approcciando il tema della blockchain. 

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Diego Dal Canto (Innovation Project Manager a ENEL)

1) Siamo in un contesto tecnologico che si muove piuttosto rapidamente; come Enel in che modo state presidiando il settore relativo alla blockchain? Settore che, fra l’altro, prevede l’integrazione di competenze molto diverse. Come affrontate il problema?

Abbiamo istituito ad inizio 2016 un gruppo di lavoro trasversale guidato da Innovation Holding e con rappresentanti di tutte le business lines. Le sfide che pone la tematica blockchain non sono di natura puramente tecnologica, ma risiedono soprattutto nella capacità di ripensare modelli di business e processi che ci vedono fare affidamento o costituire a nostra volta punti di riferimento centrali dei sistemi in cui operiamo, i quali, in base al nuovo paradigma di blockchain, potrebbero essere in parte eliminati.

 2) Sostanzialmente quali sono gli ambiti di applicazione che immaginate? Quali sono in particolare le applicazioni più legate al mondo dell’energia? Che tempi di sviluppo intravedete?

Stiamo esplorando use cases relativi alla gestione delle reti a media e bassa tensione, il trading di power e gas e i pagamenti. In questi ambiti abbiamo come obiettivo quello di ottenere dei primi riscontri entro la fine dell’anno.
La definizione dei vantaggi di eventuali nuove pratiche basate o ispirate alla blockchain è oggetto stesso dei Proof of Concepts su cui stiamo lavorando; in termini generali ci si attende che i benefici principali riguardino la riduzione dei costi operativi e la capacità di includere nel sistema elettrico un crescente numero di attori di piccola dimensione promuovendo ulteriormente la generazione distribuita e la penetrazione di fonti di energia rinnovabile. 

 3) Sappiamo che avete aperto un tavolo di lavoro con altre importanti utilities europee e mondiali. Chi vi partecipa? È un tavolo aperto? E quali sono gli scopi di questa iniziativa? Quali sono le altre realtà italiane più interessanti in questo senso?

Se ci sarà un futuro per blockchain o tecnologie affini nel mondo delle utility sarà solo grazie ad una collaborazione tra tutti gli enti interessati, di questo siamo convinti ed è per questo che ci siamo resi promotori e protagonisti di un incontro ad Amsterdam tra tutti i principali player a livello Europeo.
L’iniziativa dal titolo European Utility Meeting: Which use case to go beyond the hype
, aveva appunto come scopo quello di individuare applicazioni pratiche implementabili oggi o quantomeno di interesse per dare una veste più concreta a un argomento inflazionato e di cui si parla purtroppo quasi soltanto nelle slides e ben poco in applicazioni reali o utili per il sistema elettrico. Il risultato è stata una più matura consapevolezza da parte di tutti i partecipanti e la condivisione che si tratti di una tematica senz’altro interessante e da monitorare, ma ancora a uno stadio seed.

4) Dal punto di vista intellettuale e pratico c’è un forte dibattito in corso con posizioni fortemente contrastanti. Alcuni vedono come unica via lo sviluppo di reti permissioned, altri invece sostengono che l’unica blockchain credibile e possibile sia quella legata al bitcoin; c’è poi chi è convinto che le funzionalità altre della blockchain legata al bitcoin possano tranquillamente essere svolte con diverse tecnologie (tra l’altro più performanti e semplici da gestire). Qual è in questo caso la vostra posizione?

Abbiamo deciso di essere player di questo ecosistema per comprenderlo e prendere decisioni consapevoli. Vogliamo essere parte attiva e non subire passivamente posizioni di terzi. Abbiamo analizzato in questi mesi molte piattaforme pubbliche come Ethereum o private come Corda o Hyperledger; tutte a oggi hanno poche applicazioni in produzione; questo ci fa capire che la storia della blockchain è ancora tutta da definire e noi pensiamo di poter contribuire a definire nuovi standard.

 5) Che investimenti reali state facendo in questo settore?  E avete trovato dei partner italiani di livello con cui collaborare? Se sì quali e come li scegliete?

È ancora presto per parlare di investimenti. Stiamo realizzando alcuni POC da cui capiremo se e quanto investire in sviluppi. Abbiamo incontrato diverse società italiane, alcune lavorano e sono note all’estero; purtroppo però i VC italiani ancora non investono in questa tecnologia a differenza di quanto succede in US o UK.

6) Trovate che il regolatore Europeo/internazionale/italiano sia pronto e proattivo nella gestione del fenomeno? Avete trovato degli utili tavoli di confronto? Cosa ha fatto di interessante e cosa invece manca ancora dal punto di vista della cornice regolatrice?

Ci risulta che i regolatori sia in Italia che in gran parte degli altri paesi stiano seguendo molto da vicino il tema già con diversi provvedimenti come quello della SEC a proposito dell’ETF bitcoin o l’imposizione di processi KYC (Know your customer) per gli exchange europei.
Ci aspettiamo che in ambito energetico chi si occupa di standard e normative si muoverà quando ci saranno applicazioni concrete proposte dal mondo privato. Noi cerchiamo di essere sempre in prima linea come ad esempio con il Vehicle to Grid che stiamo lanciando in Danimarca e UK.

7) E dal punto di vista imprenditoriale trovate che il mercato stia puntando e credendo sullo sviluppo del settore, anche in ambiti lontani dal fintech?

Gli investimenti in società che sviluppano soluzioni basate su blockchain in ambito energetico ci risultano molto limitati rispetto agli ambiti fintech o bitcoin. Questo dipende sicuramente dal fatto che ancora, a parte Enel, pochi grandi players stanno valutando come applicare questa tecnologia in un settore come quello energetico fortemente legato a una infrastruttura e a una commodity fisica rispetto ad ambiti puramente digitali come quello finanziario.

 

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