
Si sa che di start up ne falliscono molte, pochi però raccontano le storie di questi insuccessi. Lo fa il sito collapsed.co che riunisce 36 casi da 3 a 185 milioni di Euro
Esistono centinaia di siti che riuniscono storie di start up o di idee che hanno avuto successo, ne esistono però pochi che illustrano piccoli e grandi fallimenti. Cosa che, tra l’altro, potrebbe essere più che utile, dal momento che spesso si impara più dagli errori che dai successi.
Moveloot è chiusa dopo aver raccolto quasi 22 milioni di Euro, era un marketplace dove comprare e vendere mobili di seconda mano. La causa della chiusura secondo un ex dipendente? Costi certi e alti e ritorni incerti e comunque non sufficienti.
Più “carina” la storia di Dishero pensata per offrire un’ampia gamma di servizi legati all’industria della ristorazione. È stata chiusa perché poco profittevole e perché per i suoi fondatori cresceva troppo lentamente. L’idea di restituire i fondi agli investitori, quasi 3 milioni di Euro, non è andata in porto. Non per cattiva volontà: i finanziatori continuano a credere nel team e hanno deciso di riconfermare l’impegno girandolo su Bugsee la loro nuova impresa.
Tra le vicende raccontate c’è quella di Molone, un sito che permetteva di sharare le foto con i propri amici, un settore troppo affollato e con una concorrenza molto agguerrita.
Significativo il caso di Homejoy chiusa dopo aver raccolto quasi 70 milioni di Euro da investitori come Google Ventures e Max Levchin di PayPal. Chiusa per problemi legali, come Uber considerava i suoi “lavoratori”, uomini e donne delle pulizie, come liberi professionisti e non come dipendenti. il modello di business non ha retto a una class action e al giudizio negativo di un giudice. Dimostrazione che l’impatto della platform economy e più in generale dell’automazione dipenderà molto dalla cornice normativa in cui sarà inserita.
Ancora più fragorosa la chiusura di Quirky, la piattaforma che si proponeva di connettere inventori e aziende. Risultato: aperta nel 2009, chiusa nel 2015, con in mezzo finanziamenti per oltre 185milioni di dollari. L’errore? Aver puntato troppo in alto, l’aver corso troppo veloce, l’aver pensato di poter davvero produrre tra i 40 e i 50 nuovi prodotti l’anno tutti perfetti diversi tra loro e performanti. Un sogno, oppure un incubo, descritto da un articolo sull’Observer che ne delinea la parabola.
La mappatura di collapsed, con le sue 36 startup è evidentemente sommaria, però è interessante e rappresenta una buona base di partenza per diverse utili considerazioni.