Energia, idrogeno per decarbonizzare il settore portuale

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È italiano il primo mezzo a idrogeno in un porto europeo. Al via la sperimentazione in un’ottica di riprogettazione green dei veicoli di carico e scarico delle navi

È italiano il primo mezzo a idrogeno per la movimentazione delle merci in un porto europeo ed è stato ideato e sviluppato dal consorzio ATENA, con il supporto di ENEA, dei Cantieri del Mediterraneo e delle Università di Napoli ‘Parthenope’ e di Salerno.

La sperimentazione a Valencia

Si tratta di un trattore portuale a quattro ruote, in gergo yard truck, che verrà testato per la prima volta nello scalo di Valencia in Spagna dal Gruppo Grimaldi, nell’ambito del progetto europeo H2Ports –  Implementing Fuel Cells and Hydrogen Technologies in Ports del valore di 4 milioni di euro.

Il terminal del gruppo armatoriale partenopeo dispone di una superficie di oltre 350.000 m² dedicata alla movimentazione di merci rotabili e, grazie a questo progetto, diventerà il primo terminal ro-ro in Europa a utilizzare un trattore portuale 4×4 alimentato a idrogeno, riducendo così ulteriormente il suo impatto ambientale: lo yard truck non produrrà emissioni inquinanti, grazie al sistema di alimentazione a idrogeno emetterà solo acqua e calore.

“Il mezzo a idrogeno che abbiamo contributo a sviluppare è dotato di un propulsore ibrido a celle a combustibile e di batterie litio-ioni, che consentiranno di svolgere le consuete operazioni di logistica portuale di carico e scarico delle merci dalle navi cargo. L’utilizzo dell’idrogeno garantirà una buona autonomia operativa, tempi di rifornimento brevi, bassi costi di manutenzione e soprattutto zero emissioni”, spiega Viviana Cigolotti, ricercatrice del Laboratorio Accumulo di Energia, Batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’Idrogeno e responsabile per ENEA del progetto.

Abbattimento delle emissioni inquinanti

I ricercatori dell’ENEA hanno calcolato che con l’utilizzo di flotte a idrogeno, in un terminal portuale di medie dimensioni, verrebbero evitate circa 501 tonnellate/anno di anidride carbonica e 5 tonnellate/anno di ossidi d’azoto. “Inoltre – sottolinea Cigolotti- la stima delle emissioni evitate riguarda solo l’uso di yard truck a idrogeno e non comprende l’ulteriore abbattimento degli inquinanti legato al minore impiego dei sistemi di ventilazione molto energivori utilizzati all’interno delle navi per rimuovere lo smog prodotto dai mezzi di carico e scarico merci alimentati a diesel”.

Ogni anno il settore dei trasporti marittimi e della logistica portuale produce circa un miliardo di tonnellate di emissioni di CO2, che rappresentano il 2,5% delle emissioni globali di anidride carbonica e il 13% delle emissioni di tutto il comparto europeo dei trasporti. Venti milioni di tonnellate di CO2 dipendono dallo stazionamento delle navi e dalle operazioni di carico e scarico in porto che vengono svolte da mezzi inquinanti a diesel, come camion, carrelli elevatori, movimentatori di container e gru. Entro il 2050 questa cifra crescerà fino a 70 milioni di tonnellate per la CO2 e a 1,3 milioni per gli ossidi di azoto, senza considerare le significative quantità di ossidi di zolfo e di particolato PM10.

Energia, riprogettazione in ottica di decarbonizzazione

“Una riprogettazione in chiave green di questi veicoli rappresenta una soluzione promettente per la decarbonizzazione del settore portuale che dà lavoro a oltre 2 milioni di persone in Europa, se consideriamo anche l’indotto, e contribuisce con oltre 50 miliardi di euro al PIL europeo. E tra tutte le possibili tecnologie energetiche pulite, la più promettente è rappresentata dall’idrogeno e dalle celle a combustibile, grazie alla loro scalabilità, flessibilità e all’alta efficienza, caratteristiche che conferiscono un elevato potenziale, soprattutto in accoppiata a dispositivi di accumulo di energia come le batterie agli ioni di litio”, conclude Cigolotti.

I partner di progetto

Il progetto è coordinato dalla Fundación Valenciaport, in stretta collaborazione con l’Autorità Portuale di Valencia, ed è supportato dalla partnership pubblico-privata ‘Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking (FCH JU)’, oggi ‘Clean Hydrogen Partnership’. Oltre alla Fundación Valenciaport e all’Autorità Portuale di Valencia, altri partecipanti al progetto sono il Centro Nacional del Hidrógeno e le aziende MSC Terminal Valencia, Grimaldi Euromed e Valencia Terminal Europa (entrambe società del Gruppo Grimaldi), Hyster-Yale, Atena scarl-Distretto Alta Tecnologia Energia Ambiente (con le sue terze parti ENEA, Università degli Studi di Napoli Parthenope, Università degli Studi di Salerno e Cantieri del Mediterraneo spa), Ballard Power Systems Europe ed Enagás.

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