
Una blockchain per la filiera del marmo, è questa l’idea portata avanti da Apuana Corporate, che sta coinvolgendo 20 aziende. Un progetto pilota di cui presto vedremo i primi risultati
Apuana Corporate è una rete di imprese che aggrega in maniera informale circa 20 aziende complementari del settore lapideo, tutti operatori della filiera del marmo.
Una filiera composita che conta molti passaggi, dalla progettazione, all’estrazione della materia prima, dalle varie fasi di lavorazione alla commercializzazione.
Una filiera preziosa con produzioni importanti, anche dal punto di vista del valore unitario, oggi riunita intorno al progetto marblechain, una blockchain in via di costruzione.
In sostanza il paradigma replicato è quello di una blockchain privata, intrinsecamente sicura perché connette solo realtà note e quindi degne di fiducia, che tra loro devono tracciare e verificare il passaggio della materia prima e delle lavorazioni effettuate.
«Il sistema attualmente è destinato alle aziende di Apuana Corporate e il modello di business prevede che il costo sia sostenuto esclusivamente dalla Corporate dato che i costi di implementazione per ogni singola impresa sarebbero non sostenibili» – chiarisce Fabio Gatti l’ingegnere che sta lavorando al progetto – «In generale è necessario prevedere un costo per la creazione della infrastruttura informatica, per la messa a punto e la personalizzazione e per l’assistenza tecnica. Al momento questi costi sono in fase di definizione dato che siamo in pieno sviluppo».
In sostanza si tratta di un registro privato (costruito con MultiChain) che coinvolge e verifica le azioni compiute all’interno di una rete di aziende ben definita e nota.
«Il sistema, in pratica, consente di tracciare in maniera inequivocabile l’area geografica di produzione e quindi di immettere sul mercato prodotti con un “made in” definito».
Il risultato finale si dovrebbe concretizzare in un RFID, affogato nell’opera d’arte, che riunirà tutte le informazioni sul singolo pezzo, certificate dalla blockchain e che può essere interrogato con un semplice cellulare.
«Se parliamo di efficienza come capacità e velocità di memorizzazione» – spiega l’ingegner Gatti – «un database tradizionale è la scelta migliore: le tecnologie di database hanno decenni di sviluppo alle spalle, sono stabili, ben note e testate.
Le blockchain hanno piuttosto una caratteristica che le rende interessanti: la decentralizzazione e il consenso distribuito. Permettono di creare un registro incorruttibile autoritativo dove la scrittura dei dati è validata dalla rete stessa.
Non parlerei quindi di un confronto, ma di un utilizzo complementare per un caso d’uso ben specifico: lo scenario nel quale l’autorità centrale garante dei dati non è presente e la relazione di trust è un requisito di progetto.
Una applicazione che ben si adatta alla necessità di garantire una lavorazione certificata senza la presenza di un gestore di un ipotetico marchio “made in”».
La seconda parte del progetto vede un link con una blockchain pubblica, che garantisca all’acquirente una certificazione a prescindere dalla blockchain privata (per slegarsi dalle sorti di Apuana Corporate); la soluzione adottata, in questo caso, è un certificato di garanzia con un codice che corrisponde a un blocco sulla blockchain di Ethereum.
La parte più critica riguarda i costi: tutto questo sistema funziona, infatti, per prodotti che hanno costi unitari importanti, in caso contrario la transazione su Ethereum risulterebbe probabilmente molto costosa e poco giustificabile.
La filosofia alla base del progetto è chiara e condivisa con altri dello stesso tipo (come quella che, in ambito PA, stanno costruendo alcuni comuni del Trentino); la blockchain privata svolge le funzioni evolute di un database, rappresenta una garanzia dei passaggi all’interno della filiera e serve a programmare il flusso di lavoro.
C’è poi la certificazione della filiera, che è una autocertificazione con valore legale. Ha il vantaggio di alleggerire l’iter burocratico, offrire una garanzia per i vari player della filiera e appunto snellire il flusso tra le diverse aziende.
In generale è interessante la soluzione che vede l’utilizzo di una multichain come fosse una sorta di intranet aziendale e l’idea di appoggiarsi su una blockchain pubblica per la parte di garanzia più ampia e generale.
Il problema, in termini di efficienza ed efficacia, in generale, non relativamente a questo specifico progetto, che è ancora in via di sviluppo e che ovviamente è impossibile giudicare a priori, è se valga la pena mettere in moto tutta questa macchina, rispetto all’uso di un database evoluto.
Nel caso specifico l’Ing. Gatti ci ha risposto, in generale però è una scelta legata al modello di business che le singole filiere e i singoli player di volta in volta scelgono di implementare. Bisogna anche considerare che, attualmente, l’utilizzo di un sistema di blockchain, a prescindere dal suo valore d’uso, può essere interpretato anche come uno strumento di marketing.
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